DIECI REGOLETTE DI ORTOGRAFIA E MORFOLOGIA
DEL DIALETTO SICILIANO
Sono qui elencate dieci regole di ortografia e di morfologia del siciliano: quelle che riguardano le forme più correnti e più controverse di scrittura dialettale. È un manualetto di immediata consultazione, una guida rapida, certamente non esaustiva ma che, mi pare, coerente, snella e semplice; soprattutto non è appesantita dai molti segni diacritici e da una scientifica trasposizione fonetica del vocalismo e del consonantismo siciliani, che mettono in crisi poeti e scrittori dialettali.
Questa
iniziativa non vuole assolutamente inserirsi nell’articolato e complesso
dibattito che è in corso sul modo di scrivere il siciliano; intende invece
sollecitare proprio i dialettologi a
proporci un manuale completo e scientifico sull’ortografia e sulla
morfologia del nostro dialetto, continuando l’opera intrapresa da Pitré, da
Avolio, da Piccitto, da Vann’Antò, da Camilleri e da altri. Il siciliano
purtroppo non si è risolto in lingua, coi suoi codici grammaticali accettati da
tutti, ma è rimasto dialetto, seppure importante e con una meravigliosa
letteratura alle spalle, ancora viva; per questo ha una grammatica molto
controversa e una scrittura dialettale frastagliata e legata a forme
grammaticali locali.
1 - Gli articoli
a - Gli articoli determinativi il e lo diventano lu oppure u (molto usato è
anche ’u). La diventa ’a.
I plurali i, gli, le diventano li
oppure i.
Es. Il fiume > lu / u ciumi; la gatta > la / ‘a
jatta; i fiori > li / i ciuri; le mandorle > li / i
mènnuli.
b - L’articolo indeterminativo un diventa un o nu. Nel parlato è
frequente l’uso di legare l’articolo alla parola che segue e
allora un diventa n oppure diventa m,
se precede le consonanti p e b; il legamento si
evidenzia con un trattino. Il femminile una
diventa sempre na.
Es. Un
cani, nu cani, n-cani; m-piru; na casa; n’àcula; m-masuni.
Ø
È ancora molto frequente l’uso di ’n
(aferesata) non considerando definitiva la caduta della vocale. Per non
generare confusione con la preposizione semplice ’n (in) ho preferito
lasciare l’apicetto solo a quest’ultima.
2 - Le preposizioni semplici
a - Di e da diventano ri e, soprattutto nella
scrittura letteraria, di.
Es. Di lontano > ri / di luntanu; da quando
> ri / di quannu.
b - A rimane a.
c - Su diventa supra (più vernacolare è susu).
Es. Su
di te > supra ri / di tia
d - Per diventa
ppi
o pi, più raramente pri.
Es. Per la strada > ppi / pi /pri la strata
Per te > ppi
/ pi /pri-ttia
e - In
diventa nni oppure ’n che, a seguito del rafforzamento
sintattico, viene legata alla parola che segue con un trattino.
Es. In te > nni
tia; in cielo > ‘n-celu; ’n-cantina
Ø
Non si sconsiglia neppure il mantenimento di in
specialmente nei casi di omofonia con l’articolo indeterminativo. Es. in mari apertu anziché ’n-mari apertu).
f - Con diventa ccu.
Ø
Qualcunu scrive cu ma questa forma appare
non condivisibile perché la c iniziale suona sempre forte e
quindi va raddoppiata. Ciò anche per distinguere la preposizione dal pronome
relativo cu (chi).
g - Tra
passa al suono invertito tra
h - Fra resta
invariato
3 - Le preposizioni articolate
Due forme predominano in Sicilia: la prima tende a
rispettare la separazione fra preposizione semplice e articolo; la seconda
opera una contrazione fra le due forme grammaticali. In questo secondo caso la
contrazione viene espressa con l’accento circonflesso sulla vocale. Davanti a
vocale rimane sempre la forma articolata ri lu / ri la oppure a lu
/ a la
o anche nni lu /nni la e nta lu
/ nta la.
a - Del, dello diventano ri / di lu
oppure rô. Dei, degli, diventano ri / di li oppure rê.
Es. Del
campo > ri / di lu campu oppure rô campu;
Dell’uomo > ri / di l’omu;
Dei monti > ri / di li munti o rê muntagni;
Degli dèi > ri / di li
dèi;
Degli asini > ri / di li scecchi o rê scecchi.
b - Della diventa ri / di
la oppure râ . Delle diventa ri
/di le oppure rê
Es. Della strada > ri
/di la strata oppure râ strata;
Dell’acqua
> ri / di l’acqua;.
Delle terre > ri /
di li terri;
Delle ali > ri / di l’ali;
Delle donne > ri /
di li fimmini o rê
fimmini.
c - Al, allo diventano a lu oppure ô. Ai,
agli diventano a li oppure ê.
Es. Al
cinema > a lu / ô cìnima;
All’angelo > a-ll’àncilu (a l’ancilu è forma più letteraria );
Ai
gatti > a li / ê jatti
d - Alla
diventa a la oppure â.
Es. Alla chiesa > a la / â chiesa;
All’aria > a-ll’aria / a l’aria
e - Sul diventa supra lu oppure supra
u.
f - Per i
diventa ppi / pi / pri li oppure ppê.
g - Nel
diventa nni lu / nnô / ntô. Nella diventa nni
la / nnâ / ntâ. Nei, negli
diventano nni li / nta li oppure nnê / ntê. Davanti a vocale rimane
la forma articolata nni / nna / nta- ll’.
Es. Nel cielo >
nni lu / nnô / ntô celu /cielu;
Nella
terra > ni la / nnâ / ntâ terra.
Negli occhi
> nni / nna / nta-ll’occhi (meno usato nall’occhi)
Nell’acqua > nna
/ nta-ll’acqua
Nei
muri > nni li / nta li / ntê /
nnê mura
h - Con il
diventa ccu lu oppure ccô; con la diventa ccu
la oppure ccâ. Con i, con gli, con le diventano
ccu li oppure cchê. Davanti a vocale rimane la
forma articolata ccu l’.
Es. Con il
carro > ccu lu / ccô carru;
Con le mani > ccu li / cchê manu;
Con gli angeli > / ccu-ll’ancili (più letterario
ccu l’ancili).
4 - I pronomi relativi
Che diventa ca
o chi.
Chi usato normalmente
nelle frasi interrogative diventa cu o cu’.
Cui diventa cu’
(ma
si mantiene anche cui).
Es. Che vento stamattina si è alzato! > Chi ventu stamatina ca si susiu!
Chi
viene? > Cu’/ cu veni?
Chi fece
questo palazzo lo seppe ben fare > Cu fici stu palazzu lu
sappi
bon fari.
Il libro
di cui si parla > lu libbru ri cu’ si
parra
5 - Gli avverbi
Perché, poiché > pirchì, ca
finché > finu a quannu
anche, pure > anchi, macari, puru
inutilmente > ammàtula
qua e là > cca e ddhà
(non c’è motivo di scrivere ccà).
6 - Fenomeni di fonosintassi
a – In molte aree della Sicilia (Palermo, Catania,
Siracusa) c’è l’assimilazione di r
ed l
alla consonante che segue.
Es. Porta
> potta; arma
> amma; finalmenti
> finammenti, salsa
>
sassa; barca>vacca.
b - L’occlusiva dentale sonora d o mantiene lo stesso
suono dentale o si trasforma in rotata r . Spesso perde la consonante e
rimane solo ’i. Nei
dialetti siracusani prevale l’uso della rotata r.
Es. Di te > di
/ ri tia oppure ’i tia
c – Il nesso nd produce nn
per assimilazione. Tale fenomeno si manifesta anche se n e d
appartengono a due diverse parole.
Es. Mondo > munnu; grande >
ranni o granni
Non
dire > nun-niri / nu-nniri;
Non dormo
> nun-normu / nu-nnormu oppure nun-nuòrmu
d – I nessi mb e nv
producono mm sia che si trovino nel corpo della stessa parola o
che appartengano a due parole diverse.
Es. Gamba > jamma; convento
> cummentu / cummientu;
Non vedo
> num-miru oppure nu-mmiru
e - In fonosintassi, oltre al raddoppiamento consonantico, le parole
vengono legate col trattino.
Es. Cca-ssutta,
cca-bbanna, ddhà-ssupra, ccu-ttia
- Questa regola non è accettata da tutti, anche se l’uso del trattino si sta sempre di più diffondendo. Qualcuno scrive ca ssutta, a mia, pi tutti, a l’arba ecc. È bene fare una scelta precisa e coerente anche se non mi scandalizzerei più di tanto nel vedere nello stesso verso le due forme coesistenti. Ma è bene anche non abusare del trattino di congiunzione, anche quando due o tre parole vengono pronunciate con un’emissione di suono continua. Il parlante è portato a unire le parole tenendo spesso in poca considerazione l’esatta pronuncia e le pause del discorso. È preferibile limitare l’uso del trattino a quei pochi casi dove appare strettamente necessario.
7 - La metafonesi
È un fenomeno di dittongazione vocalica (si può
parlare anche di parziale assimilazione), per cui la vocale tonica subisce
l’influsso della vocale postonica, che è in genere quella finale. A Siracusa il
fenomeno non esiste mentre nei Comuni di Avola (dove passa l’isoglossa metafonetica),
Noto, Pachino, Rosolini e Portopalo il fenomeno è ben vivo. La metafonesi
riguarda la Ě e la Ǒ del latino che si sviluppano, in siciliano,
in ié ed uó in presenza di Ī e Ū finali della base latina.
Conseguentemente nelle parole italiane che terminano
per –i
ed –u
le vocali toniche e ed o diventano ié ed uó.
Es. FĚRRU > fiérru; PĚCTU > piéttu
Meglio
> megghiu (Siracusa) e miégghiu
negli altri comuni.
Morto >
mottu a Siracusa e muórtu
negli altri comuni
8 - Le consonanti
a - L’occlusiva alveolare invertita forte, che
continua solitamente -LL latino,
viene trascritta in diversi modi: dd, dd (con il puntino sotto ogni lettera) e
anche ddh. Noi, per motivi di trascrizione tipografica e per
semplificare al massimo, preferiamo utilizzare quest’ultima versione, la quale,
proposta da Vann’Antò, oggi la si ritrova con sempre maggiore frequenza,
soprattutto in poesia.
Es. Anguilla > anciddha; cappello > cappeddhu
o cappieddhu
b - La c
fricativa prepalatale sorda lene viene resa col grafema ç .
Es. Abbaçiù,
çiuri, çiauru, cuçinu, çiatu.
Ø In
effetti non c’è un solo grafema per il fonema c. In Sicilia si
evidenziano diverse pronunce, più o meno sibilanti, con posizioni che vanno dal
prepalatale al postpalatale e all’aspirata. Per restare in provincia di
Siracusa se ne citano due: la prepalatale anzidetta che viene sentita nel capoluogo,
quella ancora più strisciante, che si avverte a Noto (fiume >sciumi) e
quella più chiusa che si pronuncia a Pachino (ciumi, ciatu, cìnima).
c – La b d’inizio
parola si raddoppia
Es. Bbanchina, bbeddhu, bestia, bbiancu, bbisognu,
bbunaca.
d –
La r
d’inizio parola si raddoppia
Es.
rragnu, rrestu, rriggina, rristari, rrituornu, rrologgiu, rrosa, rrussu.
Ø
L r non è doppia nei casi in cui si è
verificata la caduta della consonante iniziale, come in (g)ranni, (g)riddhu,(g)rassu, (d)rittu.
9 - L’accento
Una regola generale giustifica l’accento ogni qual
volta si possa generare un equivoco di pronuncia; in ogni caso sono molti ormai
che usano accentare sempre le parole proparossitone (sdrucciole). Tuttavia il siciliano, come l’italiano, è una
lingua piana, cioè l’accento di norma cade sulla penultima sillaba; per di più
le parole ossitone non sono frequenti (almeno fino ai primi decenni del
novecento il siciliano tendeva a renderle piane aggiungendo un’altra sillaba). Pertanto
si potrebbe mettere l’accento solo nelle sdrucciole limitatamente ai casi in
cui si possa generare confusione.
Es. Pèrdiri e perdiri, jùnciri e junciri, ammàtula, àncilu e angilu.
Città >cità / citati; pietà >pietà / pietati; su >supra / susu;
partì >
partiu; .
Ø
I monosillabi sono generalmente senza accento,
tranne qualcuno come ddhà, cchiù. Le forme to
e so
sono preferite a to’ e so’ (con l’uso
dell’apicetto per la caduta della i finale) mentre non mi paiono
giustificabili le forme accentate di tò e sò.
10 – L’aferesi e l’apocope
a - L’aferesi si ha ogni qual volta c’è la caduta di
una vocale, di una consonante o di una sillaba ad inizio di parola. In
siciliano, fino a qualche decennio fa, si usava indicare tale caduta con
l’apicetto (quell’apostrofino iniziale che a molti sembra ormai una
sciccheria). Oggi tutte queste cadute sono da considerarsi definitive e quindi
non c’è motivo di aggiungere l’apicetto, a meno che non si voglia distinguere
una forma grammaticale da un’altra.
Es. In e un > ’n e n; la e a
> ’a e a
Es. Imbarcare > mbarcari / mmarcari;
Imbroglio > mbrogghiu
/ mprogghiu / mpruògghiu;
Incatenare >
ncatinari
Questo >chistu >stu
b – Come l’aferesi anche l’apocope segnala
la caduta di una vocale o di una sillaba, ma in questo caso ciò avviene alla
fine della parola. Quando questa caduta non è definitiva oppure si può generare
un equivoco con parole omofone, è meglio evidenziare il fenomeno con il solito
apicetto.
Es. vo’
per voi o voli; fa’ (imperativo), su’ per sugnu e sunnu, cu’ per cui, po’
e po (può).
Si riportano ora degli esempi di scrittura
dialettale secondo le regole che abbiamo esposto. Si tratta di due mie poesie
inedite, scritte con due forme ortografiche leggermente diverse ma entrambe
condivisibili.
Lu
Pàssiru
Nicu
ntâ manu ranni
rrispira appena
u pàssiru
scantatu.
Com'è luntanu u to
cielu, Patri!
Ccu-ll'ali tènniri
curtu è u volu
e duru u rrizzolu.
Sàutu caru svulazzu...
cercu puru iu
com’ô pàssiru
u civu râ libbirtà
ppâ me fami r'infinitu.
E tu mi lassi fari,
Patri:
ti godi u spittaculu.
Sàutu caru svulazzu...
cercu stampelli ri
nuvuli
ppô me foddhi volu
ma ’a to casa ri suli
mi bbrucia i pinni,
comu ’a libbirtà.
E rrestu a liveddhu râ
terra.
Poi, ccu-ll'ali chiusi,
m'abbannunu
nnâ conca rê to manu.
Il Passero
Piccolo
/ nella mano grande / respira appena / il passero / spaventato.
Com'è
lontano il tuo cielo, Padre! / Con ali tenere / è corto ogni volo / e dura ogni
caduta.
Salto
cado svolazzo.../ cerco pure io / come il passero / il seme della libertà / per
la mia fame d'infinito.
E tu
mi lasci fare, Padre: / ti godi lo spettacolo.
Salto
cado svolazzo.../ cerco stampelle di nuvole / per il mio folle volo / ma la tua
casa di sole / mi brucia le penne, / come la libertà. / E resto a livello della
terra.
Poi,
con le ali chiuse, / mi abbandono / nel cavo delle tue mani.
Aceddi
Orizzunti
di celu e di terra
sutta
l'ali di l'aceddi.
Luci
nta la luci, aria nta l'aria...
volanu
di nuvula in nuvula
circannu
la terra sunnata
nta
li notti di timpesta.
Spiriti
di lu celu, l’aceddi.
Spiriti
di la terra, l’aceddi,
ali
nfuti ca sfùjunu
comu
pinzeri annuvulati
ca
cercanu albi assulati e sireni
unni
riseni ancora
l’alitu
di la paci scarpisata.
Truvirannu
l'oru di li spichi
e
lu vecchiu nidu ntra li rami,
l’aceddi?
Truvirannu
lu paradisu di l’àipi
d’arreri
a ogni nuvula, l’aceddi?
Sutta
l’ali
celi
senza cunfini
terri
senza dugani
lìbbiri...lìbbiri!
E
iu,
girasuli
ccu li ràdichi nfussati,
stòrciu
la testa pi la mmiria.
Uccelli. Orizzonti di cielo e di terra / sotto le ali degli
uccelli.
Luce nella luce, aria nell'aria,
/ volano di nuvola in nuvola / cercando la terra sognata / nelle notti di
tempesta. / Spiriti del cielo, gli uccelli.
Spiriti della terra, gli uccelli,
/ ali dense che sfuggono / come pensieri nuvolosi / che cercano albe assolate e
serene / dove ristagna ancora / l’alito della pace calpestata.
Troveranno l'oro delle spighe / e
il vecchio nido fra i rami, / gli uccelli? / Troveranno il paradiso dei
gabbiani / dietro ogni nuvola, gli uccelli?
Sotto le ali / cieli senza confini / terre senza dogane /
libere...libere!
E io, / girasole con le radici
infossate, / storco la testa per
l'invidia.
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